Nella mattinata di lunedì 16 gennaio 2017, quattro addetti di un’azienda di servizi che lavora per un grande appaltatore privato nel settore edile hanno risposto a una chiamata relativa al reflusso di una fognatura a Key Largo (Florida, USA). Dopo aver rimosso il tombino, uno degli addetti si è calato all’interno del pozzo di drenaggio profondo 4,5 metri, poi si è perso ogni contatto vocale. A questo punto si è calato un secondo addetto, e quando non ha risposto ai colleghi ha deciso di calarsi anche un terzo addetto.
Il quarto addetto ha chiamato immediatamente aiuto. Un Vigile del Fuoco volontario di Key Largo, Leonardo Moreno, non riusciva a calarsi nel pozzo con la sua bombola di ossigeno e, in un tentativo disperato di salvare i tre addetti, ha deciso di entrare nel pozzo senza equipaggiamento, perdendo conoscenza in pochi secondi. Un altro Vigile del Fuoco è riuscito a calarsi con la sua bombola di ossigeno e ad estrarre Moreno, che è stato trasportato in ospedale in condizioni critiche. Tuttavia, per Elway Gray, Louis O’Keefe e Robert Wilson non c’è stato niente da fare. Infatti, tutti i tre addetti sono deceduti a causa delle esalazioni di solfuro di idrogeno.
Purtroppo, non si è trattato di un incidente isolato.
Che cosa è il solfuro di idrogeno?
Il solfuro di idrogeno (H2S) è un gas tossico incolore che si può formare per effetto della decomposizione della materia organica come ad esempio la vegetazione in putrefazione o le acque reflue condotte all’interno di un impianto fognario. L’H2S presenta una tossicità paragonabile a quella del cianuro e rappresenta la seconda causa più comune di morte sul lavoro per inalazione di gas tossici dopo il monossido di carbonio. Negli USA, è la causa del 7,7% di queste fatalità.
Perché si forma l’H2S nelle fognature?
L’H2S si forma per effetto dei processi anaerobici nel sottile strato di melma che si accumula sulle pareti interne delle condutture fognarie al momento della decomposizione della materia organica presente. La formazione di H2S nelle acque reflue dipende essenzialmente dai seguenti fattori:
- Portata (velocità) delle acque reflue nelle condutture
- Pendenza delle condutture
- Rapporto tra perimetro bagnato della parete interna della conduttura e larghezza superficiale del flusso
- Temperatura delle acque reflue
- Domanda biochimica di ossigeno (BOD)
- Presenza di solfati
- pH
- Disponibilità di ossigeno
- Tempo di permanenza all’interno dell’impianto
Perché l’H2S è così pericoloso?
Oltre alla tossicità in generale, l’H2S è particolarmente pericoloso a causa delle seguenti caratteristiche:
Curva dose-risposta inversamente proporzionale. La curva dose-risposta, che indica il tempo di sopravvivenza in funzione della concentrazione, è inversamente proporzionale. A 50 ppm, l’H2S rappresenta un innocuo inconveniente, mentre a 300 ppm la morte può sopraggiungere in poche ore ed a 1.000 ppm in poco meno di 10 secondi.
Perdita immediata di conoscenza. L’H2S provoca un’immediata perdita di conoscenza anche a concentrazioni piuttosto basse, fino a 250 ppm. La vittima incosciente non ha alcuna via di scampo. Tuttavia, se viene soccorsa e portata all’aria fresca, ha ancora qualche possibilità di sopravvivenza. Se la vittima è da sola, oppure se i suoi colleghi tentano di salvarla e soccombono a loro volta, il tempo di esposizione all’H2S si può prolungare e risultare potenzialmente fatale, anche a concentrazioni che normalmente non sono considerate letali.
Spazi chiusi. L’H2S è leggermente più pesante dell’aria e di conseguenza tende ad accumularsi negli spazi al di sotto della superficie. Il settore delle acque reflue è pieno di questi spazi, come ad esempio gli scavi per le condutture fognarie, le camere delle valvole, le stazioni di sollevamento e le condutture fognarie.
Effetto della lattina di bibita gassata. Agitando con forza e aprendo una lattina contenente una bevanda gassata, l’anidride carbonica dissolta nell’acqua passa allo stato gassoso con un effetto talmente esplosivo da schizzare letteralmente la persona che l’ha aperta. Rispetto all’anidride carbonica, l’H2S è 10 volte più solubile nell’acqua. Di conseguenza, un collettore fognario può contenere grandi quantità non rilevate di H2S dissolto nelle acque reflue. In seguito al cosiddetto “effetto della lattina di bibita gassata”, si può trasformare in nubi di gas tossico quando viene perturbata l’acqua, ad esempio quando entrano in funzione le pompe.
Nessuno strano odore. L’H2S presenta un odore estremamente caratteristico, simile a quello dell’uovo marcio. A concentrazioni basse o estremamente basse, l’uomo è in grado di percepire e riconoscere questo odore. Tuttavia, al di sopra di 100–150 ppm si ha l’effetto neurotossico detto anche paralisi del nervo olfattivo, e proprio quando le concentrazioni diventano più pericolose viene meno uno dei segnali di avvertimento più importanti.
Protezione dal solfuro di idrogeno
Poiché deriva dalla decomposizione della materia organica, il solfuro di idrogeno è un elemento imprescindibile nel nostro settore. Esistono diversi modi per proteggere gli operatori, ma il più importante è quello di definire procedure appropriate per l’ingresso in spazi confinati, supportate da una formazione specifica.
Prima di entrare in uno spazio confinato, la pianificazione è fondamentale e può comprendere ad esempio:
- Disporre di una persona competente in grado di valutare l’eventuale presenza di spazi confinati nell’ambiente di lavoro. Occorre notare che “persona competente” non è un termine generico, in quanto numerose legislazioni prevedono una definizione specifica in materia. Questa persona deve disporre delle conoscenze e della formazione necessarie per valutare i rischi in una determinata situazione, e l’autorità necessaria per sospendere i lavori all’occorrenza in modo da poter apportare eventuali modifiche progettuali come ad esempio la chiusura delle condutture in entrata, l’aggiunta di un sistema di ventilazione forzata ecc. Se lo spazio confinato implica dei pericoli per le persone che potrebbero entrare al suo interno, normalmente la persona competente lo classifica come “spazio confinato ad accesso con permesso”.
- Identificare i potenziali pericoli nello spazio confinato.
- Adottare eventuali modifiche progettuali come ad esempio isolare la fonte o avvalersi di metodi di ventilazione adeguati per eliminare o limitare il più possibile i potenziali pericoli all’interno di uno spazio.
- Verificare la pressione atmosferica prima dell’ingresso, in termini di livelli di ossigeno, sostanze infiammabili e tossiche e atmosfere stratificate. Se l’aria all’interno di uno spazio non è sicura per gli operatori, occorre determinare se è possibile migliorare la situazione per mezzo di ventilazione o altre misure progettuali in modo che gli operatori possano lavorare in tutta sicurezza all’interno di questo spazio. Inoltre, occorre determinare se l’accesso allo spazio può essere consentito agli operatori che utilizzano i respiratori forniti.
- Individuare le vie di ingresso e uscita.
- Accertarsi che siano disponibili i dispositivi di protezione individuale previsti.
- Definire le procedure di salvataggio e le attrezzature necessarie.
- Accertarsi che sia previsto un piano di emergenza, che tutti gli operatori ne siano a conoscenza e che siano disponibili le attrezzature necessarie.
Mentre gli operatori si trovano all’interno di uno spazio confinato:
- Monitorare costantemente lo spazio per individuare eventuali pericoli, in particolare dal punto di vista ambientale.
- La comunicazione è sempre importante, sia tra gli operatori all’interno di uno spazio confinato che all’esterno, anche perché spesso possono essere al lavoro addetti di diverse aziende, ognuno con le proprie mansioni.
- Presenza di addetti esterni con il compito di monitorare costantemente l’accesso agli spazi confinati per evitare l’ingresso di operatori non autorizzati.
Attrezzature: I dispositivi di protezione individuale necessari dipendono dalla natura dello spazio confinato e dai relativi pericoli. È fondamentale una formazione adeguata all’uso e alla manutenzione dei DPI. Particolare attenzione deve essere prestata ai requisiti di legge in materia di respiratori o autorespiratori, in quanto possono richiedere una formazione specifica o permessi aggiuntivi.
Oltre ai DPI, per lavorare all’interno di spazi confinati possono essere richieste diverse altre attrezzature:
- Dispositivi di test e monitoraggio
- Dispositivi di comunicazione
- Dispositivi di illuminazione
- Dispositivi di ventilazione
- Scale
- Dispositivi di recupero
- Barriere
Un ottimo punto di partenza per approfondire ulteriormente l’argomento è la scheda tecnica “Confined Spaces in Construction: Sewer Systems”dell’Occupational Safety and Health Administration.
Di Amy Forsgren, Markus Holmberg e Dott. Per Hedmark, Xylem Inc.
Questo articolo è apparso per la prima volta nel numero di Settembre 2017 della rivista Municipal Sewer & Water, pubblicata da COLE Publishing Inc. ed è stato ristampato con autorizzazione.