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Measuring Greenland ice melt with Xylem’s SonTek technology

Measuring Greenland ice melt with Xylem’s SonTek technology

Un team di ricercatori ha studiato, direttamente sul campo, la calotta glaciale groenlandese per rispondere ad alcune domande molto importanti: con quale velocità l’acqua di disgelo confluisce nell’oceano e in quale misura contribuisce ad accelerare o rallentare il movimento del ghiacciaio stesso?

Con l’ausilio della tecnologia SonTek di Xylem, i ricercatori hanno studiato come cambia durante il giorno lo scorrimento dei torrenti epiglaciali, cioè dei flussi d’acqua di disgelo che scorrono al di sopra della calotta glaciale. I dati raccolti sul campo potranno contribuire a incrementare la precisione dei modelli matematici di scioglimento dei ghiacciai.

Lo studio dello scioglimento della coltre glaciale in Groenlandia

greenland-map.jpgLa calotta glaciale groenlandese ha un’estensione di 2.400 km ed è costituita da 2,8 milioni di chilometri cubi di ghiaccio. Tuttavia, i dislivelli separano i ghiacciai cheformano la calotta glaciale groenlandese in diverse zone distinte.

Finora, la maggior parte delle ricerche sull’acqua di disgelo era stata condotta sui fiumi ai confini della calotta glaciale. Tuttavia, nel 2012, una spedizione diretta da Laurence C. Smith della UCLA e dalla Prof.ssa Åsa Rennermalm della Rutgers è riuscita ad effettuare rare misurazioni dello scarico dei torrenti direttamente sui ghiacciai. Infatti- questa zona della calotta glaciale, caratterizzata da un deflusso estremamente elevato, è ideale per studiare come si sta sciogliendo a causa dei cambiamenti climatici.

Il lavoro svolto nel 2012 si è rivelato rivoluzionario, dimostrando che gli strumenti e le tecnologie sviluppate di recente per le regioni del mondo con clima temperato potrebbero essere applicati con successo anche nell’Artico.

Tre giorni di monitoraggio dei torrenti  glaciali

Nel 2015, Smith, Rennermalm ed i rispettivi team sono tornati nella parte sudoccidentale della Groenlandia per studiare il deflusso dell’acqua di disgelo per tre giornate di monitoraggio ininterrotto. Se la spedizione del 2012 aveva fornito solo un’istantanea del movimento dell’acqua di disgelo, la ricerca del 2015 e il successivo studio del 2016, in cui lo stesso torrente è stato monitorato per 7 giorni consecutivi, possono essere paragonati a un film.

sontek-river-surveyor.jpg

“Nel 2012, i dati relativi ai torrenti epiglaciali, in particolare quelli più grandi all’interno della calotta glaciale groenlandese, praticamente non erano mai stati approfonditi, quindi abbiamo deciso di limitarci a “acquisire dati da quanti più fiumi possibile”, spiega Brandon Overstreet, laureando alla University of Wyoming che ha partecipato alla spedizione. “Tuttavia, monitorando solo lo scarico in un punto per volta, si perde il quadro generale della situazione. Nel 2015, siamo ritornati concentrandoci su un torrente per vedere come cambia lo scarico nel corso della giornata”.

Foto: Brandon Overstreet con il SonTek RiverSurveyor M9 montato su un HydroBoard II (per gentile concessione di Lincoln Pitcher).

La mancata corrispondenza tra i dati raccolti sul campo e i modelli previsionali
Per lo studio, il team di Smith/Rennermalm ha scelto il torrente epiglaciale Rio Behar, in ricordo di un collega. Per 72 ore consecutive, i ricercatori hanno misurato il flusso d’acqua e acquisito dati dettagliati sulle condizioni climatiche, realizzando un database reale del movimento dell’acqua in funzione delle condizioni locali. In seguito, si sono rivolti ai team di modeling che sviluppavano i modelli sulla base dei dati meteorologici del sito per confrontare i dati raccolti sul campo con i risultati dei modelli.

Il team ha scoperto che i modelli di bilanciamento della massa superficiale sovrastimavano il deflusso del 21–58%. Inoltre, ha notato un intervallo di tempo compreso tra 0,4 e 9,5 ore tra i periodi di scioglimento più intenso e l’aumento dello scarico da parte del torrente, che non si rifletteva in alcun modo nei modelli previsionali.

La soluzione per misurare le considerevoli variazioni di portata

Uno degli aspetti più rilevanti del ciclo diurno del flusso d’acqua di disgelo è rappresentato dall’entità considerevole delle oscillazioni. Infatti, la portata del Rio Behar può variare da 4,61 a 26,73 metri cubi al secondo, a seconda dell’ora del giorno. Anche la larghezza e la profondità del canale variano considerevolmente in funzione dello scarico.

Questo aspetto ha rappresentato una vera e propria sfida per i ricercatori, che hanno dovuto dimostrare che la profilazione mediante ecodoppler funziona anche nelle acque pressoché cristalline dei torrenti epiglaciali, grazie al rimbalzo dei segnali provenienti dalle bollicine d’aria e dai cristalli di ghiaccio presenti nell’acqua.

Tuttavia, le frequenze che funzionano meglio nelle acque più lente e superficiali non sono necessariamente le più efficaci nei canali più profondi con l’acqua che scorre più velocemente, come sottolinea Brittany Jenner, Application Engineer di SonTek, azienda del Gruppo Xylem.

La scelta di SonTek RiverSurveyor-M9 per una maggiore qualità di misurazione

riversurveyor-stream.jpg

Nelle acque profonde, è più efficace un segnale acustico con una frequenza più bassa e una lunghezza d’onda superiore per ottenere una misurazione più precisa sia dell’argine che del fondale, oltre che della velocità e della direzione del flusso, tutti dati utili per calcolare il volume. Al contrario, nelle acque superficiali, un segnale acustico con una frequenza più elevata e una lunghezza d’onda minore fornisce un profilo più chiaro di velocità e portata.

Jenner spiega che il team groenlandese ha optato per un SonTek RiverSurveyor-M9, che determina automaticamente se utilizzare un fascio da 1,0 oppure 3,0 MHz in funzione dei valori di profondità e velocità, per una maggiore qualità di misurazione. Inoltre, grazie alla tecnologia SmartPulse HD, RiverSurveyor è in grado di selezionare le dimensioni della cella di campionamento per ottimizzare le misurazioni a prescindere dalle condizioni ambientali.

Durante il sondaggio, il RiverSurveyor-M9 era montato su un SonTek HydroBoard II, tirato da un argine all’altro per acquisire i dati lungo una sezione. Il team groenlandese è riuscito ad acquisire almeno quattro sezioni all’ora.

Il contributo alla scienza sullo scioglimento dei ghiacciai

Alla fine del 2017, il team ha pubblicato i dati del proprio studio del 2015 sul Rio Behar insieme alle previsioni generate dai 5 modelli di scioglimento dei ghiacci più diffusi. Al documento, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, ha contribuito un gruppo esteso e diversificato di ricercatori, non soltanto geologi e idrologi come Smith, Rennermalm e gli studenti che hanno effettuato le misurazioni sul campo, ma anche Jenner e un gruppo di scienziati autorevoli in materia di scienze climatiche e profilazione.

Per Brandon Overstreet, i numerosi viaggi alla volta della calotta glaciale della Groenlandia hanno rappresentato un’esperienza unica, così come l’eccezionalità del lavoro sul campo. Inoltre, hanno consentito di raggiungere un livello di dettaglio impensabile con immagini satellitari o droni.

“La mia prima impressione della calotta glaciale groenlandese era quella di un paesaggio sconfinato e monotono, ad eccezione dei confini esterni dove si staccano gli iceberg”, spiega. “Tuttavia, sulla superficie del ghiaccio si trova questo incredibile sistema dinamico di torrenti che per certi versi si comportano allo stesso modo dei fiumi terrestri, ma sono iperattivi”.

“Non ho intenzione di vivere in un mondo in cui puoi trovare tutto quello che serve da un’immagine satellitare”, aggiunge.

La storia completa e tanto altro su Mission: Water

 

da Steve Werblow, Staff Writer, Mission: Water