Il riutilizzo dell’acqua è diventata una parte sempre più importante dei sistemi di gestione delle risorse idriche. Di pari passo alla crescita di questo trend, è fondamentale comprendere come scegliere l’impianto di riuso più economico possibile, sia in termini di investimento iniziale che di costi di gestione nel lungo periodo. Ora le ricerche di Xylem dimostrano come i clienti possono ottenere una soluzione ottimale a seconda dei diversi metodi di trattamento, degli scopi del riuso e delle dimensioni degli impianti.
Nel 2012, Xylem e l’Istituto Svedese di Ricerca Ambientale IVL hanno avviato un esteso progetto di ricerca sul riutilizzo dell’acqua, con l’obiettivo di approfondire i costi legati alla realizzazione degli impianti di riuso dell’acqua, i costi di gestione in un arco di 20 anni e individuare la soluzione più efficiente possibile per l’ambiente.
Aleksandra Lazic, Ingegnere Senior di Processo di R&D Treatment in Xylem, ha partecipato al progetto di ricerca fin dall’inizio e afferma che uno degli indicatori più importanti per la scelta di realizzare un nuovo impianto per il riuso sostenibile dell’acqua oppure di ammodernare quello precedente è rappresentato dal costo nel ciclo di vita (LCC) dell’impianto. Questo tipo di costo, al quale è dedicato questo articolo, comprende sia la spesa di capitale (CAPEX) che la spesa operativa (OPEX).
Scoperta 1: Le spese operative possono superare quelle di capitale nel lungo periodo
La prima ricerca ha riguardato uno studio pilota a Hammarby Sjöstadsverk, analizzando 8 linee di trattamento differenti. I ricercatori hanno quindi realizzato un modello in scala reale di quattro effluenti differenti in impianti di tre dimensioni: 20.000 PE, 100.000 PE e 500.000 PE. Basato sulle condizioni del mercato spagnolo, il modello ha dimostrato che, nel caso degli impianti superiori a 100.000 PE, la percentuale maggiore del costo nel ciclo di vita è rappresentata dalla OPEX e non dalla CAPEX.

“È una scoperta molto interessante e importante, perché molti pensano solamente ai costi di investimento iniziali, cioè alla spesa nell’immediato”, afferma Lazic. “Al contrario, la ricerca dimostra che l’investimento iniziale di capitale non fornisce un’indicazione adeguata di una soluzione economicamente sostenibile. Per determinare il costo complessivo nel ciclo di vita occorre analizzare anche i costi operativi a lungo termine. Sulla base di questi dati, possiamo dimostrare ai clienti interessati a soluzioni sostenibili come possono ottenere il costo minore nel lungo periodo in considerazione delle dimensioni di ogni impianto”.
Scoperta 2: Le dimensioni dell’impianto sono importanti per determinare la soluzione più economica e sostenibile
“Le dimensioni dell’impianto rivestono un ruolo fondamentale”, prosegue Lazic. “Un ottimo esempio è il riuso in agricoltura, dove è possibile ottenere un effluente della stessa qualità sia con un filtro a due stadi che con un filtro a disco. Se un cliente con l’impianto più piccolo analizzato nell’ambito dello studio, cioè 20.000 PE, fosse interessato solamente alla soluzione più economica possibile, il filtro a disco sarebbe accettabile, nonostante l’uso di sostanze chimiche. Tuttavia, all’aumentare delle dimensioni dell’impianto, abbiamo riscontrato che il filtro a due stadi assicura un minore costo nel ciclo di vita”.
“Abbiamo creato una matrice di informazioni sui costi nel ciclo di vita”, afferma Lazic. “In base alle dimensioni dell’impianto, dei requisiti locali e dell’attenzione del cliente nei confronti della sostenibilità e della riduzione dei costi, possiamo proporre una soluzione in grado di soddisfare le sue esigenze”.
Scoperta 3: La maggior parte delle spese di capitale e operative risiede nella fase di trattamento secondaria
In sede di realizzazione di un impianto di trattamento per il riuso dell’acqua, oltre alle fasi di trattamento convenzionali delle acque reflue, l’impianto necessita anche delle fasi terziaria e di disinfezione. La ricerca dimostra che il maggiore investimento iniziale, derivante in gran parte dalle opere murarie, e le spese operative nel lungo termine sono rappresentati dalla fase di trattamento secondaria.

“Per comprendere quale parte del processo di trattamento fosse maggiormente legata ai costi abbiamo approfondito ogni fase, da quella preliminare a quelle di disinfezione e smaltimento dei fanghi”, spiega Lazic. “In questo modo abbiamo compreso dove concentrare i nostri sforzi di ricerca e sviluppo per diminuire il costo complessivo nel ciclo di vita e abbiamo scoperto che la percentuale maggiore del costo è rappresentata dalla fase di trattamento secondaria (SBR)”.
La SBR rappresenta il 65% dell’investimento complessivo di capitale in un impianto, seguita dallo smaltimento dei fanghi e dalla filtrazione rapida per gravità con due stadi, entrambi al 9%, e dalla filtrazione UV al 2%. Questo significa che migliorando la qualità dell’acqua al livello di riuso, il costo nel ciclo di vita aumenta solamente di pochi punti percentuali. Inoltre, guardando ai costi operativi di un impianto in 20 anni, il consumo energetico rappresenta il 56% dei costi complessivi. Metà di questa energia è destinata alla SBR.

“Per ottenere il trattamento più sostenibile possibile, la nostra raccomandazione consiste nell’ottimizzare il trattamento secondario”, afferma Lazic. “Queste scoperte ci hanno portato anche a proseguire il nostro lavoro sulla fase di trattamento secondaria, al fine di ridurne l’impatto e il consumo energetico. Ad esempio, grazie a questa ricerca, siamo riusciti a ridurre l’impatto della nostra soluzione SBR ICEAS del 15%, riducendo la CAPEX del 10–15%”.
Per la propria soluzione SBR ICEAS, Xylem ha sviluppato anche
un controller di processo. Il lavoro svolto a Hammarby ha portato anche allo sviluppo di altri moduli di controllo che hanno ridotto il consumo energetico del 20% e la OPEX del 10–15%.